La ragazza del toast!

Io lo sapevo e, inoltre, NON si può andare contro la parola di un SIGNORE di nome Steven Patrick Morrissey.
Nonostante avessi un’ansia incredibile, la stessa che mi venne solo ad un altro concerto, quello degli Interpol a Ferrara, sapevo che i Courteeners non mi avrebbero delusa.
Si arriva alle 15 a Madonna dell’ Albero, dove sta il Bronson, con Meme e Dimi, giusto per cazzeggiare un po’ e iniziare a scaricare l’ansia con qualche litro di birra, non è che alle 15 posso scolarmi vodka\gin “lemon”.
Si arriva e 3 componenti su 4, manca Liam ovviamente, sono nel bar di fianco al Bronson per fare aperitivo: inizialmente la paura ad avvicinarmi è non alta, di più.
Intanto, mentre prendo la prima birra di una lunga serie al bar, incontro un ragazzo inglese disperato che vuole un toast e vorrebbe dire alla proprietaria se il toast si può tostare: quando bevo un pochetto capisco meglio l’inglese e lo so parlare in maniera più decente, quindi capisco quello che il ragazzo vorrebbe dire alla proprietaria e riesce a conquistare il suo toast.
Scoprirò dopo che ‘sto ragazzino è il tizio del merchandise.
Birra numero due e voglia di avvicinarmi ai 3 componenti della band su 4 è alta, ma so di essere una rompicoglioni pesante e quindi evito di avvicinarmi: solo dopo la terza birra riuscirò a parlare con Daniel (chitarra), non era al tavolo con gli amichetti in quell’istante, che ci guiderà, noi poveri tre disperati, verso il tavolo dove ci sono gli altri, Michael (batteria) e Mark (basso).
“Please, join us!”.
Mark proprio questo doveva dire.
Beh insomma: questi Courteeners, dalle 16.30 alle 18.40, più che dei musicisti mi sono sembrati dei compagni di corso del DAMS: “Studi?” “Sì, musica a Bologna. Una sottospecie di Performing Arts ma indietro anni luce dato che siamo in Italia” “Pure io studio Musica (a Manchester), a che anno sei?” “Secondo”.
Intanto aperitiviggiamo con loro che ci lasciano alle 18.40 per il soundcheck.
No. Questi qui non fanno parte di una band, sono amici di università.
Ok basta.
Il resto sono partite a ping pong e altra birra, fino alle 21.45 quando aprono il bronson e non c’è NESSUNO.
Mi avvicino al merchandise e: “Oh my god! You’re the girl who has helped me this afternoon!”. Per il tizio del merchandise sono la ragazza del toast.
I Courteeners inizieranno a suonare alle 23, ma del concerto non dico nulla dato che devo scrivere poi per radionation, e finiranno un’ora e un quarto dopo.
Quello che succede dopo si chiama delirio e le TANTE figure di merda sono frutto dei litri di birra bevuti in un certo periodo di tempo.
Un ragazzo si avvicina e chiede se restiamo in zona per un set acustico. Non capisco nulla e gli caccio prima un “No, sorry”..poi “What?!?!?! Fuck! Yeah!”.
Si vede un ragazzo alto, con pantaloni super aderenti, Brandon Flowers se vedesse Liam Fray con pantaloni aderenti si sentirebbe a disagio, e con chitarra acustica: “You’re Peter Doherty…with this hat…but with a better voice”. Liam inizia a suonicchiare allegramente, e con tanta vodka lemon per il corpo.

Mai gli avessi chiesto di suonare “Bide your time”.
A un certo punto di questa, il caro Liam, che del Gallagher non ha niente se non il taglio di capelli, non si ricorda tanto la canzone, si avvicina e mi chiede di continuare. Inizio con una parola…e poi. Il vuoto. Mi richiederà di nuovo un qualcosa della canzone e questa volta ce la faccio. Mai lo avessi fatto: si avvicina di più e mi schiaffa un bacio sulla guancia. “Tere sei bordeaux”. E’ l’alcool. Sono felice del fatto che questo cantante fosse Liam Fray e non Adam Green, essere che si limona qualsiasi cosa abbia un paio di tette.
Il resto è un set acustico meraviglioso nel “camerino” stracolmo di alcool e cibo con loro: la band offre da bere ai presenti e niente.

Fino all’1.40 Liam e compagni suonano qualcosa ai “pochimabuoni” presenti, poi tutti vengono sbattuti fuori dalla security: tra foto, deliri, ricordi, scambio di e-mail e una cosa del tipo “No, non venire ai festival. Ci rivedremo tra settembre\ottobre qui in Italia”.
Mark è affidabile, è il meno sbronzo e quindi aspetto ottobre per rivederli.
Liam è un ottimo frontman e posso dire una cosa? Ha riempito di baci, sulla guancia non pensate male, la sottoscritta, ha continuato poi con una battutina molto provola, seguita da un dolcissimo -tranquilla-sto scherzando-grazie per essere venuta-.
La sottoscritta in quel momento pensava fosse in compagnia di Damon Albarn, nel senso che ora si è aggiunto un altro personaggio da adorare.
Lo ripeto: questi qui sono amici che incontri in università, ma sfortunatamente studio a Bologna e non a Manchester, per ora.

Oh, what the hell…

Io NON sono in fissa con i Foals, proprio no.
No va beh: li ho ascoltati tanto in quest’ultimo periodo e non smetto ora di ascoltarli.

Coooooooomunque.
Nonostante non scriva sul blog da un bel pezzo, credo che l’ultimo articolo riguardi quel famoso dj set al Covo con Mr. Kapranos, devo dire che di musica ne è passata nelle mie orecchie.

Ho ascoltato il nuovo album dei We Are Scientists, gruppo di quell’uomo così bello, logorroico, e con capelli grigi che lo rendono così bello (il vegetariano più sexy del 2009): Keith Murray.
Rispetto all’album precedente, “Barbara” è decisamente più rock e meno pop, a tratti una fusione tra i due, ma almeno si ha una sorta di ritorno alle origini.
Brain thurst mastery era un album pop, molto moscio e a tratti piuttosto noioso; i We Are Scientists, con l’aiuto di Andy Burrows, ex batterista dei Razorlight (band che odio), sono ritornati più energici e coinvolgenti che mai.
Barbara dunque è un buon album: certe tracce sono più riflessive e più lente, mentre altre hanno la bella venatura indie-rock e sono molto più spensierate.

Un bell’album, sempre genere indie-rock e parecchio “danzereccio”, nonostante qualche particolare più cupo, è sicuramente “Sacrifice” dei Teenagersintokyo.
I Teenagersintokyo sono australiani che vivono a Londra, e musicalmente quest’ultimo particolare è piuttosto evidente.
Il loro è un album parecchio energico, molto semplice e abbastanza coinvolgente.

Ultimi, ma non ultimi: Wintersleep.
Sono canadesi e a tratti la voce del cantante mi ricorda, e non poco, Mr. Paul Banks: ora non voglio paragonare il cantante dei Wintersleep a Paolo Banks, di cui sono abbastanza innamorata, però qualcosina si sente.
Di certo, il loro album “New Inheritor” è ben lontano da un album degli Interpol, non a caso sono più allegri, meno tenebrosi e, in un certo senso, affascinanti.

Basta direi.
Domani vado a vedere una band che aspetto da febbraio circa e…niente…sembra che debba andare a un concerto di chissàchi, quando invece sono “solo” i Courteeners: vedremo se Sir. S.P. Morrissey ha ragione a considerarli suoi eredi (beh solo il nome del cantante, Liam, promette bene…).
Basta.

Un misto tra Noel Gallagher e Ian Brown quando era giovane…

Il titolo del post è legato alla prima cosa che ho pensato quando ho visto il viso di Liam Fray dei The Courteeners su NME, e dato che volevo sapere un po’ di più di questa band e del nuovo album “Falcon” l’ho comprato.
Ho poi ascoltato proprio Falcon di questa band e non riesco più a togliermelo della testa, e dalle orecchie.
E’ incredibile come una band possa crescere in un anno e mezzo, ma questi Courteeners di Manchester ci sono riusciti,interpretando questo nuovo album.
Falcon rispetto all’album precedente, “St. Jude”, è molto più personale, intenso e vario: ogni traccia svela un particolare, un effetto in più, un qualcosa di nuovo rispetto alla precedente.
Ovviamente ciò che domina è l’intensità della voce del figliastro di Noel\Ian-quando-era-giovane, ma il resto della band la accompagna in modo semplice e piuttosto piacevole da ascoltare.
Un album che si stacca dalla “massa”, ovvero da tutta quella roba che i gruppi indigeni stanno tirando fuori.

Tracklist

1. The Opener
2. Take Over The World
3. Cross My Heart And Hope To Fly
4. You Over Did It Doll
5. Lullaby
6. Good Times Are Calling
7. The Rest Of The World Has Gone Home
8. Sycophant
9. Cameo Brooch
10. Scratch Your Name Upon My Lips
11. Last Of The Ladies
12. Will It Be This Way Forever

Album number 2.
Donne che tirano fuori album decenti esistono.
Charlotte Gainsbourg ne è un esempio: “IRM” è un album spettacolare prodotto da quel pazzo fottuto schizzato di Beck, per questo lo adoro.
Ovviamente Charlotte interpreta le proprie canzoni sia in inglese che francese e l’effetto che ne viene fuori è indescrivibile e spettacolare.
Un album veramente rilassante, ricco e particolare: non è per tutti, insomma. E’ un album che piace, ma se al contrario non piace o qualcuno non apprezza la musica o è fatto di crack.

Tracklist

1 Master’s hands
2 IRM
3 Le Chat du café des artistes (the cover we already mentioned)
4 In the end
5 Heaven can wait
6 Me and john doe
7 Vanities
8 Tme of the assassins
9 Trick pony
10 Greenwich mean time
11 Dandelion
12 Voyage
13 La Collectionneuse

Concludo il post esaltando al massimo questa band: questi sono dei fottuti geni, sono il massimo. In Italia sono i migliori. Non ho parole per descriverli.